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lunedì 24 dicembre 2012



Buone feste dalla fine del mondo

THE MASTER e i giorni dell'Apocalisse


E' un po' che non scrivo. Di nuovo. Qualcuno di tanto in tanto ancora capita a leggere questo blog, e mi fa piacere. Aspettavo la fine del mondo, e sono rimasta delusa. Poi ho capito che i Maya non si erano sbagliati, ma che il mondo è davvero finito. E' finita la civiltà, la pietà, la voglia di credere e di combattere, la speranza.
Capirete dunque che questo post non sarà tanto natalizio e festivo. La mia nuova vita, che aspettavo con tanta gioia, stenta a partire e, contro ogni logica, provo ancora rancore nei confronti di un uomo che probabilmente non è mai esistito così come lo pensavo (ed è quell'odio stupido che ti rende peggiore di quello che sei). E questo solo sul versante personale.
Poi c'è il mondo fuori:  un ragazzo di 20 anni fa strage di bambini, torna la Mummia con la sua corte di nani, ballerine, calippare, senza palle e leccaculo, dopo aver fatto fare ai banchieri il lavoro sporco, Roma sembra un campo di battaglia e la metro B, che prendo quotidianamente, è un'esperienza da brivido. Non andrò in analisi, non prenderò psicofarmaci e ritroverò da sola la gioia di vivere, prima o poi, ma è ovvio che tutto quanto scrivo adesso sia autoreferenziale, e purtroppo nemmeno masochisticamente divertente come le pagine autobiografiche di David Sedaris. Per cui, se volete abbandonare questa lettura e andare a leggere il blog brillante di quell'altra maggiorata più famosa e fortunata che risponde al nome di Selvaggia Lucarelli, sappiate che vi capisco e vi approvo.

Ciò detto, è d'obbligo un post horror per le feste e per un 2013 che spero porti via definitivamente tutti i residui di questa orribile fine del mondo, che avrei preferito bella, straziante e malinconica come quella di Melancholia, film meraviglioso come il suo regista, al quale, prima o poi, dedicherò tutto lo spazio che merita.

Per fortuna c'è un altro autore che, in questi tempi superficiali e vuoti, va per la strada su cui lo porta il suo erorme talento e parla dei grandi temi della vita: Paul Thomas Anderson.. La visione di The Master mi ha lasciato - come sempre mi capita coi suoi film - avvolta da un cumulo di sensazioni così forti e profonde che per un pezzo non sono neanche riuscita a parlarne. E per fortuna non dovevo scriverne subito. Scordatevi tutti i discorsi su Scientology e affini: la setta è solo un pretesto per raccontare una storia d'amore tra due uomini che sono l'uno l'opposto dell'altro. Il Maestro ha fatto del controllo delle proprie emozioni la base del suo carisma, che esercita senza problemi sulla gente semplice e in cerca di certezze e risposte nel secondo Dopoguerra americano. Poi c'è Freddie, una scheggia impazzita, un reduce di guerra che risponde solo col corpo, reagendo a stimoli che gli sono stati impiantati e che, come il buon selvaggio di Rousseau, viene scelto dal primo come oggetto di una sorta di esperimento per trasformarlo nell'erede sperato. Il tutto raccontato nell'epico splendore di una fotografia iperrealista a 65 millimetri, scandito dalle musiche ossessive, urgenti, violente della colonna sonora capolavoro di Jonny Greewood dei Radiohead (se non gli danno l'Oscar è una vergogna). E loro, Philip Seymour Hoffman e Joaquin Phoenix, sfoderano due performance meravigliose, portando l'arte della recitazione a livelli raramente visti prima. Il primo recita soprattutto con lo sguardo, il sorriso, la mimica impercettibile del volto, anche se diventa fisico in una splendida, gioiosa scena di lotta. Il secondo con la postura innaturale del corpo, il sogghigno sempre presente sul viso, la risata imbarazzata e "idiota", gli scatti scordinati del corpo (da brividi la scena della distruzione della cella e della cuccetta). E naturalmente entrambi recitano con la voce, per cui vi prego, vi scongiuro, di vederlo ove sia possibile in lingua originale. The Master è un film che chiede a tutti noi di compiere quella che è la scelta più basilare della vita: essere liberi o sottomettersi, cercarsi un padrone o affidarsi al proprio corpo animale senza remore e timori. In fondo anche The Master è un horror, perché cosa può fare più paura dello sbagliare il proprio percorso in quella che è l'unica vita che abbiamo?

Parlando invece di visioni horror più canoniche, ho provato a vedere V/H/S ma dopo venti minuti ero già satura del tutto e ho fatto nostalgicamente ricorso al fast-forward. Non so voi, ma io sono arcistufa di questi finti video e found footage, che con l'eccezione di The Blair Witch Project e Chronicle, non hanno mai prodotto niente degno di nota (e per favore non mi citate Balaguerò). Aspetto con una certa curiosità MAMA un film che nasce da questo CORTO SPAGNOLO e che mi sembra se non altro interessante, ma per il resto non mi viene in mente altro che non sia il magnifico horror televisivo di American Horror Story e The Walking Dead.

E allora riparliamone, no? Leggete solo se seguite le serie perché non mi va di scrivere la parola SPOILER ogni 3x2.  La puntata “natalizia” del primo, Unholy Night, è stata incredibilmente bella, blasfema, cruenta e divertente. Ian McShane ha dato vita a un serial Santa Claus memore di tutti gli holiday splatter che ricordiamo, da Un Natale rosso sangue alla serie di Silent Night, Deadly Night. Ma è stato tutto splendidamente sopra le righe, dall'inizio con lo sterminio della famiglia pronta a celebrare il Natale, a "sister Satan" che addobba l'albero di Natale con le dentiere, le flebo, i cateteri, i capelli e le padelle dei poveri dementi, alla pessima fine di alcuni dei protagonisti, ai colpi di scena e al ritorno del magnifico Dylan McDermott. Grande serie, stracolma di citazioni, amore per il genere, rovesciamenti di prospettive e attori da amare, sui quali quest'anno spiccano la "solita" Jessica Lange, Sarah Paulson, Zachary Quinto, Lily Rabe e l'incredibilmente potente James Cromwell (visto quest'anno in un piccolo ruolo anche in Boardwalk Empire).

The Walking Dead ci lascia nel mid-season e lo ritroveremo a febbraio, con una spettacolare reunion all'ultimo sangue tra i magnifici fratelli Dixon, Merle e Daryl, che non si vedevano da una vita, si cercavano da sempre, e sono diversi come il giorno e la notte. Il primo noi spettatori l'abbiamo ritrovato dopo ben tre stagioni. E col Governatore dello splendido David Morrissey, mezzo cieco e più fuori di testa che mai, che, come il Conte Olaf di Lemony Snicket vuole vedere sangue e violenza. Che dire? Io adoro entrambi gli attori, Michael Rooker dai tempi del terrificante Henry pioggia di sangue, e Norman Reedus da quando l'ho scoperto in questa serie per cui, contro tutte le apparenze, spero che sopravvivano entrambi e ammazzino tutti i cattivi. Che poi forse sono i buoni. Che poi magari sono gli zombi. Che poi probabilmente siamo noi. Sono tempi confusi, e se sopravviviamo ai nostri disastri pubblici e privati e scegliamo di essere liberi, che la sorte ci sia benigna. Se vogliamo essere Maestri, manipolatori e dominare chi sta peggio di noi, che il cielo ci strafulmini. Io ho già scelto. Un bel giorno questa guerra finirà. Basta non lasciare mai questa questa barca del cazzo.